L’uomo come oggetto-consumatore, i poveri che sono la malattia, coincidendo con essa, nel futuro della medicina, descritto da Jacques Attali negli anni Ottanta.
A colpire il lettore, è la rivelazione di un universo interiore e storico totalmente dominato dai soldi e ancestralmente attratto dal potere, privo di qualunque forma di empatia. Dove ogni residuo di aristotelismo e senso del Bene, sono stati rimossi.
L’intervista ad Attali del 1981, di Michel Salomon, è altresì di straordinario interesse, alla luce dei recenti avvenimenti. Al lettore paziente, che riuscirà a leggere fino in fondo questo intervento complesso e approfondito, non sfuggirà infatti la sua natura orrifica e predittiva.
Michel Salomon: Perché un economista s’interessa con tanta passione alla medicina, alla salute?
Jacques Attali: Studiando i problemi economici generali della società occidentale ho constatato che i costi della salute sono uno dei fattori essenziali della crisi economica. La produzione di consumatori e il loro mantenimento costano cari, ancora di più che la produzione delle merci stesse.
Gli uomini sono prodotti da servizi che essi si rendono gli uni gli altri, in particolare nell’ambito della sanità, la cui produttività economica non aumenta molto rapidamente. «La produttività della produzione delle macchine» aumenta più rapidamente della produttività relativa della produzione dei consumatori.
Questa contraddizione sarà tolta da una trasformazione del sistema di salute e di educazione in direzione di una svolta commerciale e industriale. Chiunque analizzi la storia economica si rende conto che la nostra società trasforma sempre più le attività artigianali in attività industriali, e che un crescente numero di servizi resi da uomini ad altri uomini diventano sempre più oggetti prodotti all’interno di macchine.
Come si insegnerà nel “Metaverso”? Virtuale e reale saranno un unico mondo? Una riflessione
L’incontro di queste due domande porta a chiedersi: la medicina può anch’essa essere prodotta da macchine, che verrebbero a rimpiazzare l’attività del medico?
Michel Salomon: Una domanda che sembra un po’ accademica, teorica…
Jacques Attali: Certo, ma rende conto della crisi attuale. Se la medicina dovesse – come l’educazione – essere prodotta in serie, la crisi economica sarebbe presto risolta. È un po’ il punto di vista dell’astronomo che dicesse: «Se i miei ragionamenti sono esatti, lì c’è una stella…». Se questo ragionamento è esatto e se la nostra società è coerente, la logica conduce a questo: come altre funzioni sono state mangiate, nelle fasi anteriori della crisi, dall’apparecchio industriale, la medicina diventa un’attività prodotta in serie – e questo ci porta alla metafora.
Quest’ultima significa che il medico è largamente rimpiazzato da protesi che hanno per ruolo il recuperare la funzione del corpo, di ristabilirla o di sostituirvisi. Se la protesi tenta di fare la medesima cosa, essa lo fa come lo fanno gli organi del corpo, e dunque essa diviene una copia di organi del corpo o di funzioni del corpo.
Siffatti oggetti sarebbero dunque delle protesi da consumare. Nel linguaggio economico la metafora è chiara: è quella del cannibalismo. Si consuma del corpo. Quindi a partire dalla metafora (e ho sempre pensato che fosse quella la fonte del sapere) mi sono posto due domande:
Il cannibalismo è parente di una terapeutica? Esiste una sorta di costante nelle differenti strutture sociali, la quale farebbe in modo che un cannibalismo assiomatizzato, sganciato dal modo in cui era vissuto e ricondotto a degli operatori, nel senso matematico del termine, si ritrovi nel cammino terapeutico? Anzitutto, il cannibalismo sembra poter essere spiegato piuttosto largamente come strategia terapeutica, fondatrice. In secondo luogo, pare che tutte le strategie di guarigione, in rapporto alla malattia contengano una serie di operazioni fatte dal corpo stesso ma fatte anche dal cannibalismo, e che esse si ritrovino in tutte queste strategie: selezionare segni che si va a osservare, sorvegliarli per vedere se evolvono bene o male, denunciare ciò che va a rompere l’ordine di tali segni, ciò che chiamiamo il Male; negoziare con il Male, separare il Male.
Tutti i sistemi di guarigione hanno così impiegato queste medesime operazioni: selezione dei segni, denuncia del male, sorveglianza, negoziazione, separazione. Tali differenti operazioni dicono anche una strategia del politico: selezionare segni da osservare, sorvegliarli per vedere se va tutto bene, denunciare il male, il capro espiatorio, il nemico, e allontanarlo. Ci sono rapporti molto profondi tra la strategia a riguardo del Male individuale e la strategia a riguardo del Male sociale.
È questo che mi ha spinto a pensare, in fondo, che la distinzione tra Male sociale e Male individuale non fosse una distinzione molto chiara. Queste diverse operazioni fondamentali si applicavano a periodi storici differenti, su differenti concezioni che si potevano avere della malattia, del male, del potere, della morte, della vita, e dunque di colui che deve adempiere la funzione di designazione del male, di separazione.
Altrimenti detto, ci sono le medesime operazioni, i medesimi ruoli, ma non sono i medesimi attori che recitano le parti. E la pièce non si mette in scena al medesimo momento.
Michel Salomon: Da qui a fondare una teoria a partire dal cannibalismo storico o mitico… Il suo saggio ha sconvolto e scioccato non soltanto i medici, ma anche i malati che tutti in potenza siamo, insomma l’opinione pubblica…
Jacques Attali: Questo saggio è un triplice tentativo:
Anzitutto è il tentativo di raccontare una storia economica del Male, la storia dei rapporti con la malattia.
In secondo luogo è quello di mostrare che ci sono in qualche modo quattro periodi dominanti, e dunque tre grandi crisi tra le quali si strutturano le oscillazioni di sistema; e che ogni oscillazione non tocca soltanto il guaritore, ma anche la concezione stessa della vita, della morte, della malattia.
In terzo luogo, infine, quello di mostrare che dette oscillazioni riguardano i segni e non la strategia, che resta quella del cannibalismo, e che di fatto si parte dal cannibalismo per farvi ritorno. Insomma, si può interpretare tutta la storia industriale come una macchina che traduca il cannibalismo fondatore, primo rapporto col male, in cui gli uomini mangiano gli uomini, in cannibalismo industriale, in cui gli uomini diventano merci che mangiano merci. La società industriale funzionerebbe come un dizionario con differenti tappe nella traduzione: ci sono lingue intermedie, in qualche modo – quattro grandi lingue.
C’è l’ordine fondamentale, l’ordine cannibale. È lì che compaiono i primi dèi, che sono cannibali e nei miti che seguono, storicamente, gli dèi cannibali si mangiano tra loro: poi diventa terribile per gli dèi essere cannibali.
In tutti i miti che ho studiato, nelle differenti civiltà, la religione serve in qualche modo a distruggere il cannibalismo. Per il cannibalismo, il male sono le anime dei morti. Se voglio separate l’anima dei morti dai morti, bisogna che ne mangi i corpi. Perché il miglior modo di separare i morti dalle loro anime è mangiarne i corpi. Dunque ciò che è fondamentale, nella consumazione cannibale è la separazione. Ecco dove volevo arrivare: la consumazione è separazione.
Il cannibalismo è una formidabile forza terapeutica del potere. Allora perché il cannibalismo non funziona più? Eh… perché a partire dal momento (lo si vede bene nei miti – e offro un’interpretazione tanto del lavoro di Girard sulla violenza quanto di quello di Freud in Totem e tabù, nel quale egli vede il totem e il pasto totemico come fondatori e il pasto totemico scompare nella sessualità) in cui dico che “mangiare i morti” mi permette di vivere, allora… vado a cercarne da mangiare.
Dunque il cannibalismo è guaritore, ma al contempo è produttore di violenza. Ed è così che cerco di interpretare il passaggio alle proibizioni sessuali, che sono sempre le medesime che le proibizioni cannibaliche.
Perché è evidente che se uccido mio padre, o mia madre, o i miei figli, impedirò la riproduzione del gruppo. Eppure sono quelli che è più facile uccidere, considerando che vivono accanto a me. Gli interdetti sessuali sono interdetti secondari in rapporto a quelli della nutrizione. In seguito si ritualizza, si mette in scena il cannibalismo in via religiosa. In qualche modo si delega, si rappresenta, si mette in scena. La civiltà religiosa è una messa in scena del cannibalismo. I segni che si osservano sono quelli degli dèi.
La malattia è la possessione da parte degli dèi. Le sole malattie che si possono osservare e guarire sono quelle di possessione. La guarigione, infine, è l’espulsione del male, il male che in quel caso è il Maligno, vale a dire gli dèi. E il guaritore principale è il sacerdote. Ci sono sempre due guaritori, lungo tutto il corso del processo: c’è il denunciatore del male e c’è il separatore, che ritroveremo in seguito sotto i nomi di medico e di chirurgo. Il denunciatore del male è il prete, il separatore è il chirurgo. Ho cercato di mostrare da una parte che il ritualismo cristiano è fondamentalmente cannibale. I testi di Luca su “il pane e il vino” che sono “il Corpo e il Sangue di Cristo”, e che se lì si mangia dànno la vita sono dei testi cannibalici, evidentemente terapeutici: c’è di questi testi una lettura medica, e al contempo cannibalica, che molto forte. Cerco poi di raccontare la storia del rapporto della Chiesa con la guarigione, e di vedere poco a poco, senza dubbio a partire dal XII o XIII secolo, che appare un nuovo sistema di segni. Si osservano non più solamente le malattie che vengono dagli dèi, ma anche quelle che vengono dal corpo degli uomini. Perché? Perché l’economia comincia a diventare organizzata. Si esce dalla schiavitù.
Le malattie dominanti sono le epidemie che cominciano a circolare come gli uomini e le merci. I corpi degli uomini poveri portano la malattia e c’è una totale unità tra la povertà (che prima non esisteva perché quasi tutti erano o schiavi o padroni) e la malattia. Essere poveri o malati significava la medesima cosa dal XIII al XIX secolo.
Dunque la strategia riguardo al povero in politica e quella riguardo al malato non sono differenti. Quando si è poveri, ci si ammala; quando ci si ammala, si diventa poveri. La malattia e la povertà non esistono ancora. Ciò che esiste è l’essere poveri e malati, e una volta che si siano designati il povero e il malato la giusta strategia consiste nel separarli, nel contenerli, non nel guarirli ma nel distruggerli: nei testi francesi chiamiamo questo il rinchiudere – la reclusione, nei testi di Foucault.
Si rinchiude in molti modi: la quarantena, il lazzaretto, l’ospedale e in Inghilterra le work houses. La legge sui poveri e la carità non sono dei mezzi per aiutare le persone, ma per designarle in quanto tali e per contenerle. La carità non è altro che una forma di denuncia.
Michel Salomon: Il poliziotto diventa il terapeuta al posto del prete?
Jacques Attali: Esatto. La religione si ritira e prende un altro potere, perché non può più assumere il potere di guarigione. Certo, ci sono già dei medici, ma questi non giocano se non un ruolo di consolazione, e ne è prova il fatto che il potere politico, molto sagacemente, non riconosce ancora i diplomi dei medici. Il potere politico considera che il suo principale terapeuta è il poliziotto, certo non il medico. Del resto in Europa, all’epoca, non c’era che un medico per centomila abitanti.
Ma torno al terzo periodo, nel quale non è più possibile recludere i poveri perché sono troppo numerosi. Questi ultimi devono, al contrario, essere intrattenuti perché diventino dei lavoratori. Essi cessano di essere dei corpi per divenire delle macchine.
E i segni che si osservano sono quelli delle macchine. La malattia, il male, costituiscono la panne. Il linguaggio clinico isola, oggettiva ancora un po’ il male. Si designa il male, lo si separa e lo si espelle.
Per tutto il XIX secolo, con la nuova sorveglianza che è l’igiene, la nuova riparazione, la nuova separazione medico-chirurgica, si vedono il poliziotto e il prete scomparire dietro al medico.
Michel Salomon: E oggi tocca al medico cadere nella trappola…
Jacques Attali: Oggi la crisi è triplice. Da una parte, come nel periodo anteriore, il sistema non può assicurare da sé il proprio funzionamento. Oggi in un certo senso la medicina è largamente incapace di curare tutte le malattie perché i costi diventano troppo elevati.
D’altra parte, si osserva una perdita di credibilità del medico. Si ha molta più fiducia in dati quantificati che nel medico.
In ultimo, appaiono malattie o forme di comportamento che non sono più soggette alla medicina classica. Queste tre caratteristiche conducono a una sorta di continuum naturale che passa dalla medicina classica alla protesi e ho cercato di distinguere tre fasi che si compenetrano mutuamente in questa trasformazione.
In una prima fase, il sistema tenta di durare sorvegliando i propri costi finanziari. Ma questa volontà sfocia nella necessità di sorvegliare i comportamenti e dunque di definire delle norme di salute, di attività, alle quali l’individuo deve sottomettersi. Così appare la nozione di profilo di vita sostenibile in riferimento alle spese sanitarie.
Donde si passa alla seconda fase, che è quella dell’autodenuncia del male grazie agli strumenti di autocontrollo del comportamento. L’individuo può così conformarsi alla norma del profilo di vita e diventare autonomo rispetto alla propria malattia.
Il principale criterio di comportamento era, nel primo ordine, dare un senso alla morte; nel secondo ordine, contenere la morte; nel terzo ordine, aumentare la speranza di vita; nel quarto, quello in cui viviamo, è la ricerca di un profilo di vita sostenibile in riferimento alle spese sanitarie.
La terza fase è costituita dall’apparizione di protesi che permettono di designare il male in maniera industriale. Così, per esempio, le medicine elettroniche come le pillole associate a un micro-computer che permettono di rilasciare nel corpo, a intervalli regolari, delle sostanze, elementi della regolazione.
Vittorio Colao: «Iniettare sostanze mediche in remoto»
Michel Salomon: Insomma la salute, con la comparsa di queste protesi elettroniche, sarà il nuovo motore dell’espansione industriale…
Jacques Attali: Sì, in conclusione tutti i concetti tradizionali scompaiono: produzione e consumo scompaiono, vita e morte scompaiono perché la protesi rende la morte un momento fluido…
Io credo che l’importante della vita non sarà più lavorare ma essere in situazione di consumare, essere un consumatore tra altre macchine di consumo. La scienza sociale dominante fino al momento presente è stata la scienza delle macchine. Marx è un clinico perché designa il male, la classe capitalista, e la elimina. Egli tiene, in un certo senso, il medesimo discorso di Pasteur. La grande scienza sociale dominante sarà la scienza dei codici, informatica e poi genetica.
Quei bravi ragazzi. USA, eugenetica, Hitler, Bill Gates e Planned Patenthood
Questo libro è del resto anche un libro sui codici perché cerco di mostrare che vi è una successione fra i codici: il codice religioso, il codice poliziesco, il codice termodinamico e oggi il codice informatico e ciò che chiamiamo la sociobiologia.
Questo discorso teorico non è utile che se l’avvenire non si produce: non eviteremo di essere cannibali se non cessando di diventarlo. Io credo che l’essenziale, perché una teoria sia falsa, non è che sia falsificabile, bensì che sia falsificata. Il vero non è il falsificabile, ma il falsificato.
Michel Salomon: La sua tesi sfocia in una riflessione concreta sulla medicina, anche con dei termini temporali; sono forse le primizie di una riflessione concreta di uomo politico e di economista sull’organizzazione della medicina?
Jacques Attali: Non lo so. Per il momento non voglio pormi tale questione. Io credo che la prima cosa che ho voluto mostrare – solo questo – sia che la guarigione è un processo in piena trasformazione verso un modello di organizzazione che nulla ha a che vedere con quello attuale, e che la scelta è tra tre tipi di attitudine: o conservare attualmente la medicina come è stata finora, o accettare l’evoluzione e fare che essa sia la migliore possibile, con una maggiore uguaglianza nell’accesso alle protesi, oppure una terza evoluzione nella quale il rinvio al male è pensato in un modo nuovo, che non sia né quello del passato né quello dell’avvenire del sistema cannibalico: sarebbe un’attitudine prossima all’accettazione della morte, in modo da rendere la gente più cosciente che la cosa urgente non sta nel dimenticare né nel ritardare, né nell’attendere la morte, ma al contrario nel volere che la vita sia più libera possibile.
E così, io penso che a poco a poco ci si polarizzerà attorno a questi tre tipi di soluzione, e io voglio mostrare che, secondo me, l’ultima è veramente umana.
Michel Salomon: Sa di utopia sociale. Alle volte è pericoloso essere utopici…
Jacques Attali: L’utopia può avere caratteristiche differenti a seconda che si parli di utopia come di un sogno assoluto – e allora il sogno è un sogno di eternità – o che ci si riferisca all’etimologia della parola, vale a dire a ciò che non ha mai avuto luogo, e allora si tenta di vedere quale tipo di utopia è verosimile. Ora, io credo che se si vuole comprendere il problema della salute, bisogna rendersi conto del fatto che esistono delle utopie verosimili. L’avvenire è necessariamente una utopia, ed è molto importante comprendere che essa non è pericolosa, perché parlare di utopia significa accettare l’idea che l’avvenire non ha niente a che vedere con i prolungamenti di tendenze attuali. Direi perfino che tutti i futuri sono possibili a parte uno, cioè il prolungamento della situazione attuale.
Michel Salomon: L’avvenire è quella protesi particolare che sono tutte le medicine del futuro – e del presente – che aiutano l’uomo a sopportare meglio la sua condizione…?
Jacques Attali: Trovo spaventosa questa fascinazione per le medicine contro l’angoscia, per tutto ciò che può essere un modo di eliminare l’angoscia… ma come una merce e non come un modo di vita. Cerchiamo di dare mezzi per rendere tollerabile l’angoscia e non di creare le funzioni per non essere più angosciati. E poi, tutte le medicine del futuro che sono legate al controllo del comportamento possono avere una maggiore incidenza politica.
Sarebbe possibile in effetti rendere conciliabile la democrazia parlamentare con il totalitarismo, poiché basterebbe mantenere tutte le regole formali della democrazia parlamentare, ma al contempo generalizzare l’utilizzo di codesti prodotti perché il totalitarismo sia quotidiano.
Michel Salomon: Le pare concepibile? Un 1984 orwelliano basato su una farmacologia del comportamento…
Jaques Attali: Io non credo all’orwellismo, perché si tratta di una forma di totalitarismo tecnico con un “Big Brother” visibile e centralizzato. Io credo piuttosto a un totalitarismo implicito con un “Big Brother” invisibile e decentralizzato. Le macchine che sorveglino la nostra salute, che noi potremmo possedere per il nostro bene, ci asserviranno per il nostro bene. In qualche modo subiremo un condizionamento dolce e permanente…
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Michel Salomon: Come vede l’uomo del XXI secolo?
Jacques Attali: Credo che bisogni distinguere nettamente due tipi di uomo del XXI secolo, vale a dire: l’uomo del XXI secolo dei Paesi ricchi e l’uomo del XXI secolo dei Paesi poveri. Il primo sarà certamente un uomo molto più angosciato di oggi, ma che troverà la sua risposta al male di vivere in una fuga passiva, nelle macchine anti-dolore e anti-angoscia, nelle droghe, e che tenterà ad ogni prezzo di vivere una sorta di forma commerciale di convivialità.
Ma accanto a ciò, sono convinto che l’immensa maggioranza, la quale avrà conoscenza di tali macchine e del modo di vita dei ricchi, ma che non vi avrà avuto accesso, sarà straordinariamente aggressivo e violento. È da questa distorsione che nascerà il grande caos che potrà tradursi sia in guerre razziali, di conquista, sia mediante l’immigrazione nelle nostre contrade di milioni di persone che vorranno condividere il nostro modo di vita.
Michel Salomon: Lei crede che il genio genetico sia una delle chiavi del nostro avvenire?
Jacques Attali: Io credo che il genio genetico sarà tra la ventina d’anni a venire una tecnica tanto banale, tanto conosciuta e presente nella vita quotidiana quanto lo è oggi il motore a scoppio. Del resto, vi si può ravvisare e stabilire un medesimo tipo di parallelismo. Con il motore a scoppio si potevano fare due cose: o privilegiare i trasporti collettivi e facilitare la vita delle persone o produrre delle automobili, strumenti di aggressività, di consumo, di individualismo, di solitudine, di stoccaggio, di desiderio, di rivalità…
Abbiamo scelto la seconda soluzione. In altri termini, con il genio genetico si potrebbero a poco a poco creare le condizioni di una umanità che liberamente assuma sé stessa, ma collettivamente, oppure invece creare le condizioni di una nuova merce, stavolta genetica, che sarebbe fatta di copie di uomini vendute agli uomini, chimere o ibridi utilizzati come schiavi, robot, mezzi da lavoro.
Michel Salomon: Ci dobbiamo augurare di arrivare a vivere 120 anni…?
Jacques Attali: Dal punto di vista medico, non ne so niente. Mi hanno sempre detto che era possibile. Dobbiamo augurarcelo? Risponderò a più riprese. Anzitutto, io credo che sia nella logica stessa del sistema industriale nel quale ci troviamo, l’allungamento della durata della vita non è più un obiettivo auspicato dalla logica del potere. Perché? Perché fino a quando si è trattato di allungare la speranza di vita al fine di toccare la soglia di massima resa della macchina umana, in termini di lavoro, è stato perfetto. Ma quando oltrepassa i 60/65 anni, l’uomo vive più a lungo di quanto la sua produzione copra, e allora costa caro alla società.
Donde io credo che nella logica stessa della società industriale, l’obiettivo non sarà più quello di allungare la speranza di vita, ma di fare in modo che all’interno anche di una durata di vita determinata, l’uomo viva il meglio possibile ma in modo tale che le spese sanitarie siano il più possibile ridotte, in termini di costi per la collettività. Fa la sua comparsa dunque un nuovo criterio di speranza di vita: quello del valore di un sistema sanitario, il che è funzione non dell’allungamento della speranza di vita, ma del numero di anni senza malattie e in particolare senza ospedalizzazione. In effetti dal punto di vista della società è certo preferibile che la macchina umana si arresti brutalmente, piuttosto che si deteriori progressivamente.
Ciò è perfettamente chiaro se ci si ricorda che due terzi delle spese sanitarie sono concentrate sugli ultimi mesi di vita. Allo stesso modo – mettendo da parte il cinismo – le spese sanitarie non arriverebbero neppure a un terzo del livello attuale (175 miliardi di franchi francesi nel 1979) se gli individui morissero tutti brutalmente in incidenti di macchina.
Quindi è giocoforza riconoscere che la logica non risiede più nell’argomentazione della speranza di vita, ma in quella della durata della vita senza malattia. Tuttavia io penso che l’aumento della durata della vita resti un fantasma che corrisponde a due obiettivi: il primo è quello degli uomini di potere. Le società sempre più totalitarie e direttrici nelle quali ci troviamo tendono ad essere dirette da uomini “vecchi”, a diventare delle gerontocrazie. La seconda ragione risiede nella possibilità, per la società capitalista, di rendere economicamente sostenibile la vecchiaia semplicemente rendendo solubili i vecchi. Attualmente è un “mercato”, ma non è solubile. Questo va decisamente nell’ottica secondo la quale l’uomo, oggi, non è più importante come lavoratore che come consumatore (perché nel lavoro viene rimpiazzato da macchine). Quindi si potrebbe accettare l’idea di allungamento della speranza di vita a condizione di rendere i vecchi solubili e quindi di creare un mercato. Si vede molto bene come si comportano le grandi imprese farmaceutiche attuali, nei Paesi relativamente egualitari dove almeno il modo di finanziamento della pensione è corretto: esse privilegiano la geriatria a detrimento di altri dominî di ricerca come le malattie tropicali.
È dunque un problema di tecnologia della pensione che determina l’accettabilità della durata in vita. Da parte mia, in quanto socialista, sono obiettivamente contro l’allungamento della vita perché si tratta di uno specchietto per le allodole, di un falso problema. Io credo che porsi questo tipo di problemi permetta di evitare le questioni più essenziali, come quella della liberazione del tempo realmente vissuto nella vita presente. A che serve vivere fino a cento anni se guadagniamo venti anni di dittatura?
Michel Salomon : Il mondo a venire, “liberale” o “socialista”, avrà bisogno di una morale “biologica”, di crearsi un’etica della clonazione o dell’eutanasia, per esempio.
Jacques Attali: L’eutanasia sarà uno degli strumenti essenziali delle nostre società future, qualunque cosa possa capitare. In una logica socialista, per cominciare, il problema si pone come segue: la logica socialista è la libertà, e la libertà fondamentale è il suicidio; di conseguenza, il diritto al suicidio diretto o indiretto è quindi un valore assoluto in questo tipo di società.
In una logica capitalista, delle macchine per uccidere – delle protesi che permetteranno di eliminare la vita quando essa sarà troppo insopportabile o economicamente troppo costosa, vedranno la luce e saranno cose di pratica quotidiana. Io penso quindi che l’eutanasia, che sia un valore di libertà o una merce, sarà una delle regole della società futura.
Michel Salomon: Gli uomini di domani non saranno condizionati dalle sostanze psicotrope e sottomesse a manipolazioni di tipo psichico? Come premunirsi?
Jacques Attali: Le sole precauzioni che si possano prendere sono legate al sapere e alla conoscenza. Oggi è essenziale proibire un grandissimo numero di droghe, arrestare la proliferazione di droghe del condizionamento; ma forse la diga s’è già rotta… Forse che la televisione, sul suo piano, non è una droga eccessiva? Forse che l’alcool non è sempre stato una droga eccessiva? La peggiore delle droghe è l’assenza di cultura. Gli individui vogliono le droghe perché non hanno cultura. Perché ricercano l’alienazione a mezzo delle droghe? Perché hanno preso coscienza della loro impotenza a vivere e questa impotenza si traduce concretamente nel rifiuto totale della vita. Una scommessa ottimistica sull’uomo sarebbe dire che se l’uomo avesse la cultura, nel senso degli strumenti del pensiero, potrebbe sfuggire alle soluzioni di impotenza. Dunque affrontare il male alle radici significa dare agli uomini un formidabile strumento di sovversione e di creatività. Io non credo che l’interdizione delle droghe sarebbe sufficiente, perché se non si attacca un problema alle sue radici si ricade inevitabilmente nell’ingranaggio poliziesco, ed è peggio.
Michel Salomon: Per l’avvenire come fronteggeremo la malattia mentale?
Jacques Attali: Affronteremo il problema dell’evoluzione della medicina delle malattie mentali in due tempi. In un primo tempo ci saranno ancora delle droghe, gli psicotropi, che da 30 anni corrispondono a un vero progresso della medicina mentale. Mi sembra che in un secondo tempo, e per ragioni economiche, si metteranno in opera un certo numero di mezzi elettronici, che saranno sia metodi di controllo del dolore (bio-feedback eccetera) sia un sistema informatico di dialoghi psicanalitici. Questa evoluzione avrà per conseguenza il condurre a quello che io chiamo l’esplicitazione del normale; vale a dire che i mezzi elettronici permetteranno di definire con precisione il normale e di quantificare il comportamento sociale. Quest’ultimo diventerà economicamente consumabile perché esisteranno i mezzi e i criteri di conformità alle norme.
A lungo termine, quando la malattia sarà vinta, insorgerà la tentazione di conformità al “normale biologico” che condiziona il funzionamento di una organizzazione sociale assoluta. La medicina è rivelatrice dell’evoluzione di (…) sovietiche (…) si orienta domani verso un totalitarismo decentralizzato. Si avverte già un certo desiderio, conscio o inconscio, di conformarsi il più possibile a delle norme sociali.
Michel Salomon: Questa normalizzazione coatta la vede reggere per tutti i domini della vita, compresa la sessualità, visto che la scienza permette oggi la dissociazione pressappoco totale della sessualità e della concezione?…
Jacques Attali: Da un punto di vista economico, ci sono due ragioni che mi permettono di pensare che si andrà molto lontano.
La prima riguarda il fatto che la produzione degli uomini non è ancora un mercato come gli altri. Seguendo la logica del mio ragionamento generale, non si vede perché la procreazione non dovrebbe diventare una produzione economica come le altre.
World center of baby. Services
Si può perfettamente immaginare che la famiglia o la donna non siano che dei mezzi di produzione di un oggetto particolare, il bambino.
Si può, in qualche modo, immaginare delle “matrici di locazione” che già fin d’ora sono tecnicamente possibili. Quest’idea corrisponde precisamente a un’evoluzione economica nel senso che la donna o la coppia si iscrivono nella divisione del lavoro e nella produzione generale. Così sarà possibile comprare bambini come si comprano delle noccioline o un televisore.
Una seconda ragione, importante e legata alla prima, potrebbe spiegare questo nuovo ordine famigliare. Se sul piano economico il bambino è una merce come le altre, la società lo considera ugualmente tale, ma per delle ragioni sociali. In effetti, la sopravvivenza delle collettività dipende da una demografia sufficiente per la sua sussistenza. Se per delle ragioni economiche la famiglia non desidera avere più bambini, quest’attitudine si oppone evidentemente all’interesse della collettività. Appare così una contraddizione assoluta fra l’interesse della famiglia e quello delle società. Il solo mezzo per risolvere questa contraddizione è immaginare che la società possa comprare dei bambini a una famiglia che verrebbe a sua volta pagata.
Non penso a degli assegni famigliari, che sono degli incentivi deboli. Una famiglia accetterebbe di avere molti bambini se lo Stato garantisse loro da una parte il versamento di assegni sostanziali progressivi, e d’altra parte la totale presa in carico della vita materiale di ogni bambino. In questo schema, il bambino diventerebbe una sorta di moneta di scambio nei rapporti tra l’individuo e la collettività.
Quello che sto dicendo non è da parte mia una sorta di accondiscendenza a quello che pare essere l’inevitabile. È un avvertimento. Io credo che il mondo che si prepara sarà talmente spaventoso da significare la morte dell’uomo. Bisogna dunque prepararsi a resistergli e mi sembra che oggi il miglior modo di farlo sia comprendere, accettare la battaglia per evitare il peggio. Ecco perché tiro le conseguenze del mio ragiona
Michel Salomon: Resistere a cosa, dal momento che lei ci annuncia un inevitabile universo fatto di protesi?
Jacques Attali:Le protesi che vedo arrivare non sono meccaniche, ma sono dei mezzi di lotta contro le affezioni croniche legate al fenomeno di degenerazione tessutale. Il genio cellulare, il genio genetico e la clonazione preparano la via a queste protesi che saranno degli organi rigenerati per rimpiazzare gli organi danneggiati.
Michel Salomon: La penetrazione crescente dell’informatica nella società invita a una riflessione etica. Non vi si trova una minaccia larvata per la libertà dell’uomo?
Jacques Attali: È chiaro che i discorsi sulla prevenzione, sull’economia della salute, sulla buona pratica medica, condurranno alla necessità per ogni individuo di possedere un dossier medico che sarà messo su supporto magnetico. Per delle ragioni epidemiologiche, l’insieme di questi dossier sarà centralizzato in un computer ai quali i medici avranno accesso.
La questione si pone: la polizia potrà avere accesso a queste cartelle? Constato in tutta onestà che la Svezia possiede oggi questo genere di sistema sofisticato, e tuttavia non conosce dittatura. Aggiungerò che certi Paesi non hanno simili schedari ma in compenso hanno una dittatura. Speriamo di saper creare il riparo di nuove procedure per nuove minacce. La democrazia ha il dovere di sapersi adattare all’evoluzione tecnica. Le vecchie costituzioni affiancate alle nuove tecnologie possono condurre a sistemi totalitari.
Michel Salomon: Una delle proiezioni più correnti sull’avvenire prevede che l’uomo potrà esercitare un controllo biologico sul suo proprio corpo; fra l’altro, grazie ai microprocessori…
Jacques Attali:Tale controllo esiste già per il cuore, è il caso dei “peacemakers”, e pure per il pancreas. Dovrebbe estendersi ad altri campi, come a quello del dolore. Si prevede la messa a punto di piccoli impianti nell’organismo capaci di liberare degli organi-bersaglio per gli ormoni e delle sostanze attive. Se l’uomo punta a prolungare la propria vita, tale processo è inevitabile.
Michel Salomon: Sembra che stiamo abbandonando l’era della fisica per entrare nell’era della biologia, o quasi di una pan-biologia. Quale è il suo parere?
Jacques Attali: Io credo che usciamo da un universo controllato dall’energia per entrare nell’universo dell’informazione. Se la materia è energia, la vita è informazione. Ecco perché il produttore maggiore della società di domani sarà la materia vivente. Grazie in particolare al genio genetico, essa sarà produttrice di nuove armi terapeutiche, di alimenti e di energie.
Michel Salomon: Qual è l’avvenire del medico e del potere medicale?
Jacques Attali: In modo un po’ brutale, direi che come le lavanderie sono svanite dietro alle pubblicità delle lavatrici, i medici integrati nel sistema industriale diventeranno gli esecutori della protesi biologica. Il medico come lo conosciamo scomparirà per lasciare spazio a una nuova categoria sociale, che vivrà dell’industria della protesi.
Come per le lavatrici, esisteranno i produttori, i venditori, gli installatori, i riparatori di protesi. Le mie affermazioni possono sorprendere ma è cosa nota che le principali imprese che riflettono sulle protesi sono le grandi marche automobilistiche, come la Régie Renault, General Motors e Ford…
Michel Salomon: In altri termini, non avremo più bisogno di medici terapeuti, perché la “normalizzazione” sarà fatta da una sorta di medicina preventiva, autogestita o no, e in ogni caso “controllata”. Non sarà necessariamente coercitiva?
Jacques Attali:La comparsa sul mercato di articoli individualizzati di autos-sorveglianza e di autocontrollo creerà lo spirito preventivo. Le persone si adatteranno a modo a essere conformi ai criteri di normalità; la prevenzione non sarà più coercitiva perché voluta dalle persone.
Ma non bisognerebbe perdere di vista che la cosa più importante non è il progresso tecnologico, ma la forma più elevata di commercio tra gli uomini, che rappresenta la cultura. La forma di società che ci prepara l’avvenire è funzione della capacità di padroneggiare il progresso tecnico. Lo domineremo o ne saremo dominati? Ecco la questione.
da INTERVISTA A JACQUES ATTALI
BIBLIOGRAFIA
Intervista a Jacques Attali, Michel Salomon, Francia 1981.
Vita e Morte della Medicina. L’Ordine Cannibale, Jacques Attali, Feltrinelli, Milano 1980.
Quei bravi ragazzi. USA, eugenetica, Hitler, Bill Gates e Planned Patenthood di Federico Nicola Pecchini, The Uncontitional Blog, 11 aprile 2021.
La Torre di Babele. Marxismo, ateismo e “neo-umanesimo” visti con gli occhi di Dostoevskij, Alberto Strumia, per gentile concessione dell’ autore, su G.R.U.